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I MEDICI
Le origini di Forte dei Marmi si possono ricondurre alla costruzione e all'uso di un tracciato viario, la “Via di Marina”, che collegava l'entroterra con uno scalo marittimo posto sulla costa. Questo percorso, che sembra coincidere con quello della “Via del palude”, “Via Nuova” e “Via della Magona”, la cui costruzione fu seguita dal maestro scultore Donato Benti, collaboratore di Michelangelo Buonarroti, fu utilizzato in primis per il trasporto dei marmi e, secondariamente, per il commercio del ferro che, infatti, giungeva via mare e veniva successivamente lavorato nelle ferriere versiliesi. Durante il governo mediceo si registrò un sensibile incremento nello sfruttamento delle cave di marmo: importanti maestri scultori, come Michelangelo e Giambologna, si recavano personalmente a selezionare i marmi da plasmare nelle loro opere e si avvalevano di maestranze locali.
LEOPOLDO DI LORENA
Il 5 settembre 1765 fu eletto Granduca di Toscana Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena, all'epoca appena diciannovenne, che restò in carica fino al 1790. La sua politica fu attenta e lungimirante, volta all'ottimizzazione delle risorse, alla liberalizzazione di un gran numero di servizi pubblici e alla decongestione di una macchinosa e inefficiente burocrazia, tant'è che il Granduca stesso si recava personalmente a fare sopralluoghi e annotava riflessioni e idee per il miglioramento dei servizi.
Dopo aver ridotto la spesa militare, il Granduca decise di smantellare gran parte delle flotte militari marittime: con la sigla dei trattati di pace tra Arabi e Granducato, infatti, erano diminuite anche le incursioni piratesche e le funzioni di difesa potevano essere svolte dalle guarnigioni a terra.
Appariva opportuno, quindi, mantenere e rafforzare il sistema difensivo delle torri costiere che correva lungo la riviera toscana. Queste fortificazioni, pur mantenendo il proprio ruolo di difesa militare, divennero anche frontiera di controllo doganale e centro sanitario con il compito di controllare merci, uomini e animali introdotti nello Stato. Sul litorale pietrasantino erano presenti due fortificazioni, a Cinquale e a Motrone, troppo distanti tra loro per permettere un'opportuna difesa e sorveglianza della costa. Il luogo più frequentato per i traffici commerciali e in posizione strategica, era lo Scalo dei Marmi, dove era già presente un magazzino per il deposito della merce.
Fig. 1 - Carta della pianura di Pietrasanta nella seconda metà del XVIII secolo: in basso, a destra e a sinistra, sono presenti la Torre del Cinquale e il Forte di Motrone; nel mezzo, è individuata la Via della Magona parallela al Fiumetto che curva in prossimità della spiaggia: proprio alla fine della strada, in corrispondenza della curva del corso d’acqua, si può individuare il Magazzino dei Marmi. Si nota la vasta macchia di lecci che ricopre la fascia costiera tra i due fortini, in seguito suddivisa in poderi, e la zona paludosa che la divide dalle pianure coltivate, scomparsa a seguito delle bonifiche.
LO SCALO DEI MARMI PRIMA DEL FORTINO
L’idea di edificare un nuovo Fortino vicino al “Magazzino dei Marmi”, ovvero alla fine della “Strada della Magona” che costeggiava il “fiumetto” dal “Ponte di Tavole” alla spiaggia (Fig. 1), era già stata avanzata nel 1767 da Innocenzo Fazzi, capitano del Corpo degli Ingegneri del Genio Militare il quale, in seguito a un sopralluogo, aveva proposto la costruzione di una torre presidiata e dotata di artiglieria, constatando l’aumento dei traffici commerciali nella zona dello scalo e l’impossibilità, per i fortini vicini, di far rispettare le leggi sanitarie e di impedire un eventuale sbarco di “barbareschi”. La difesa della costa era affidata alla Guardia di Marina, ovvero ai soldati a cavallo (cavalleggeri) che presidiavano il litorale percorrendo la stradina parallela alla costa, lunga circa sei miglia, tra il Fortino di Motrone e quello del Cinquale.
Pochi erano i fabbricati nella zona dello scalo: oltre al Magazzino dei Marmi, c’erano l’Oratorio di Sant’Ermete, in aderenza a questo, un’osteria e una capanna per i cavalleggeri in prossimità della spiaggia e, più nell’entroterra, lungo la Strada, alcune case come la “Casa della Barbera” in prossimità dell’omonimo ponticello o la “casa di Luchino” vicino al Ponte di Tavole, abitazioni legate forse alla gestione delle proprietà agricole (Fig. 2).
La pianura era separata dalla spiaggia da zone acquitrinose e da un’intensa macchia di lecci che il Granduca, con motuproprio del 1770, ordinò di tagliare e suddividere in poderi da allivellare (Fig. 3). Nella porzione a mare del podere decimo, assegnato a Luigi Fortini da Seravezza, verrà costruito il Forte (Fig. 4).
Fig. 2 - La Strada di Marina dal Ponte di Tavole al mare (G. M. Piazzini, 1768)
Fig. 3 - Particolare della Carta del 1810 del Circondario di Pietrasanta in cui appare con evidenza l’allivellazione della Macchia di Marina (A. Agolini)
Fig. 4 - Il Forte del Cinquale e quello allo Scalo dei Marmi con i terreni di pertinenza. Al Cinquale è indicato anche l’ubicazione del vecchio fortilizio (G. N. Mazzoni, 1788)
IL NUOVO FORTE ALLO SCALO DEI MARMI
Il 23 dicembre 1785 fu ordinato al Segretario delle Reali Fabbriche di procedere al “riattamento” del Motrone, all'edificazione di una nuova torre al Cinquale (dopo l'abbattimento della vecchia) e alla costruzione di un nuovo Forte allo Scalo dei Marmi. Il nuovo Fortino avrebbe potuto comunicare attraverso l'emissione di segnali luminosi, a Nord con il Forte del Cinquale, a Sud con il Forte di Motrone, oggi entrambi perduti a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Il progetto di costruzione, di cui si conservano presso l’Archivio di Stato di Firenze le tavole di progetto e il computo metrico redatti dal tenente ingegnere A. Dolcini nel 1785, venne ideato dal tenente maresciallo conte Federico Barbolani di Montauto, dal 1782 Governatore di Livorno e Generale Maggiore di tutte le Piazze, Guarnigioni e Presidi del Granducato.
I lavori iniziarono all’inizio del 1786 sotto la direzione del dell’ingegnere Stefano Piazzini dell’Ufficio Fiumi e Fossi di Pisa, che diresse anche i lavori del Forte di Motrone, di quello del Cinquale e della strada dei cavalleggeri con relativi ponticelli di attraversamento dei fossi. Assistente dell’Ing. Piazzini era il capomastro Giuseppe Faldi che, il 6 febbraio 1788, terminati i lavori, consegnò il nuovo Fortino, conforme al progetto, al tenente castellano Nicola Leonetti.
L’ARCHITETTURA DEL FORTINO
Costruito per esigenze militari, doganali e sanitarie e secondo uno schema che divenne subito un modello per le successive fortificazioni costiere, il Forte dei Marmi è composto due corpi di fabbrica addossati: un edificio di tre piani fuori terra con copertura a padiglione, destinato al corpo di guardia e alle stalle dei cavalleggeri, e un bastione dagli angoli smussati rivolto verso il mare, dotato di una terrazza semi-coperta per gli avvistamenti e l’artiglieria (Fig. 5).
Il disegno del 1785 (Fig. 6), in scala di braccia fiorentine, descrive il fabbricato con tre piante sovrapposte, due sezioni, di cui una rivolta verso il mare l’altra a levante ed il prospetto a nord-ovest. Il progetto prevedeva una costruzione di circa 26,10 braccia fiorentine (equivalenti a 0,5836 m) in larghezza e circa braccia 33,30 in lunghezza, con un’altezza in gronda di circa braccia 17, con fondazione su pali. Il tetto era previsto in legname di abete con embrici e tegole di Camaiore o altra simile qualità. Le finestre in legno di castagno ed il tutto intonacato all’esterno.
Due rampe rettilinee e distinte di scale, raggiungevano al piano primo due alloggi separati. Al piano terra era collocato il magazzino della dogana, la stanza per le persone in contumacia, la scuderia e, nel bastione, la stanza per riporre i foraggi, la cisterna e il cisternino; al primo piano c'era l'alloggio del castellano e della guardia della dogana e, al piano superiore, la caserma, la cucina e la stanza per il cannoniere. Sopra al bastione, al piano primo, c’era la piattaforma coperta per le batterie, una batteria scoperta e la cosiddetta S. Barbera (deposito delle munizioni).
Al termine dei lavori veniva così descritto: “Composto da Cielo a terra di n° 17 Stanze, due Luoghi Comodi, due stanzini sotto scala e una terrazza mezza coperta per uso di Batteria e con stanzetta per la polveriera e forno separato”. Il tutto su tre piani, con pavimenti di mattoni, mentre la stalla era “lastricata con lastrico subbiato” e la stanza dei foraggi era divisa in due parti e “lastricata con lastrico Picchiato”. Sopra il tetto era collocato il campanile. Distante nove braccia dal Forte, sul lato di Ponente, si trovava il “forno da Pane”.
Fig. 5 - Modellino ligneo del Forte allo Scalo dei Marmi realizzato in scala in base al progetto settecentesco, opera del Sig. Guglielmi Pranesi di Firenze (2004)
Fig. 6 - Progetto del nuovo Forte allo Scalo dei Marmi (A. Dolcini, 1785)
SVILUPPO URBANO TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
Nel XIX secolo, lo scalo di Forte dei Marmi diventò nevralgico in tutta la Versilia, per cui si rese presto necessario restaurare la Via di Marina. Questo intervento permise un incremento del traffico commerciale sia d’importazione di cereali e di altri generi alimentari, sia di esportazione delle risorse del ricco territorio, quali marmi, olio, ferro, zolfo e salnitro. Per questo motivo, lo scalo fortemarmino divenne via via più frequentato e un numero maggiore di persone iniziò a trasferirsi nel territorio adiacente: si stima, infatti, che trecento abitanti si stabilirono a Forte dei Marmi tra il 1821 e il 1822, perlopiù impiegati nella marineria.
A partire dagli anni Venti dell'Ottocento, furono concessi terreni con la facoltà di costruire nelle vicinanze del Forte magazzini e case, destinate anche ad accogliere i bagnanti estivi, nobili toscani che si recavano sulla costa per le “bagnature”. Furono stabilite condizioni e patti, quali limiti d'altezza “a riguardo del Forte” e il termine di un anno per l'edificazione dei fabbricati, salvo proroghe da concedere solo in particolari condizioni. Tra i primi costruttori sono ricordati i fratelli Francesco e Giuseppe Tonini, “Navicellai” di mestiere, occupati presso la Compagnia dei Cannonieri Guardia Costa (Fig. 13).
Prospiciente al fortilizio, fu riservata un'area lato monte che costituì “la piazza del Forte”; ivi, ancora oggi, è possibile ammirare, protetta da una lastra di vetro, la pavimentazione dell'antico forno del Fortino.
Nel 1830 fu terminata la costruzione del Deposito delle Polveri a circa 60 metri dal Forte (Fig. 14). L'edificazione di questo tipo di edificio generò non poche preoccupazioni negli abitanti del territorio, circa ottocento, che temevano la possibilità di un incendio o di un'esplosione in una zona che contava numerose abitazioni.
Con la conquista dell'Unità d'Italia avvenuta nel 1861, il Fortino e la polveriera passarono dalla dipendenza del Ministero della Guerra a quella del Ministero delle Finanze. L'anno successivo fu istituito il Corpo delle Guardie Doganali con il compito primario di vigilanza doganale e, in caso di guerra, di concorso alla difesa statale.
Nel 1866, a seguito del riordinamento del servizio sanitario marittimo istituito con Regio Decreto, Forte dei Marmi fu classificato come scalo di seconda classe, atto a rilasciare patenti di sanità per varie destinazioni e permessi sanitari di cabotaggio.
Nel 1877 fu terminata la costruzione del punto di imbarco per i blocchi di marmo, il Pontile caricatore, largo 5 metri e protratto in mare 325 m, sorto su robusti pali di legno.
Nel 1881 il Corpo delle Guardie Doganali assunse il titolo di Corpo della Regia Guardia di Finanza; il suo importante compito era impedire e denunciare il contrabbando e le altre trasgressioni alle leggi finanziarie. La sede della Caserma della Finanza a Forte dei Marmi fu per alcuni decenni il Fortino, che subì alcuni rimaneggiamenti soprattutto nella parte superiore del tetto.
Forti aspirazioni autonomistiche animavano intanto il paese alla fine del primo decennio del Novecento. Il 1914 fu l'anno della grande svolta: a seguito della proposta presentata in Parlamento dall'Onorevole Giovanni Montauto, con la legge n. 327 del 26 aprile, infatti, si sanzionò il distacco della frazione dal Comune di Pietrasanta e l'istituzione dell'autonomo Comune di Forte dei Marmi. Nello stemma fu inserito il Fortino come simbolo della comunità.
La vocazione turistica di Forte dei Marmi, già emersa nell'Ottocento, divenne sempre più forte, tanto da farle guadagnare una posizione nella rosa delle migliori stazioni balneari del Mediterraneo. Oltre a turisti, un nutrito gruppo di esponenti del mondo culturale e artistico, della nobiltà, della politica e dell'economia scelsero Forte dei Marmi come meta dei loro soggiorni. In questo clima, la città divenne ben presto un importante punto di riferimento nazionale e internazionale. Negli anni Venti artisti e letterati come Dazzi, Carrà, Carena, Soffici, Gentile, Pea e Viani si ritrovarono qui nelle sere estive; nel decennio successivo gli artisti scelsero il Quarto Platano, oggi Caffè Roma, a pochi passi dal Fortino, per i loro incontri.
Fig. 7 – Planimetria con i nominativi degli assegnatari dei lotti (F. Ricetti, 1823).
Fig. 8 – Situazione urbanistica del Forte dei Marmi venutasi a creare dopo le prime assegnazioni: in evidenza i prospetti del Fortino e della nuova polveriera (G. Calvelli, 1827).
LE VICENDE DEL FORTINO DOPO LA SUA COSTRUZIONE
Oltre alla funzione di difesa e frontiera, l’edificio venne usato come magazzino dei marmi durante il periodo in cui il pontile era utilizzato come scalo commerciale. Tuttavia, sotto l’aspetto doganale, il fabbricato si rese subito superfluo. Consegnato, infatti, a febbraio del 1788, nel maggio successivo vennero abolite le dogane e fu così che in parte poté essere assegnato alla Magona (officina del ferro). Sotto Ferdinando II furono montate anche due batterie provenienti entrambe dalla fonderia dei fiorentini Cenni.
Nei primi decenni dell’Ottocento, conservando la plurima funzione per cui era nato, troviamo il fabbricato chiamato “Forte a Marmi” o “Fortezza detta il Magazzino” come individuato nel catasto del 1825 (Fig. 15).
Nel periodo della dominazione francese l’edificio venne occupato dalle milizie francesi e il 7 giugno 1842 venne aggiunto, in prossimità del Forte, un pozzo di marmo alto circa tre metri con colonne in stile dorico, rimasto in funzione fino al 1916 presso il palazzo delle poste a Pietrasanta (Fig. 16).
Ancora nei primi anni del XX secolo, modificato sia all’interno che all’esterno, il Fortino si presentava con una torre sul lato di levante, poi demolita: torre che è possibile fare risalire al periodo anteriore al 1830, perché rappresentata nel prospetto che il cadetto Giovanni Cavelli fece in quegli anni (Fig. 14, in evidenza). La demolizione della torretta è da ricondursi ad un’epoca anteriore al 1907, in quanto non appare più nelle immagini di quel tempo. Ma se nel caso della torretta si trattava di un’aggiunta, non altrettanto può dirsi della porzione di tetto, oggi non più esistente che, prolungandosi a mare, copriva per metà la batteria.
Così descrive il Fortino nei primi anni del Novecento lo scrittore R. Bacchelli:
“…consisteva d’una facciata piana, con una porta dagli stipiti e dall’architrave modestamente ornati d’un elegante intaglio consunto, con qualche finestra stretta e d’inferriate massicce; dalla parte guardante il mare, il forte d’arrotondava in un bastione semicircolare a scarpa piuttosto ripida, di muratura rossastra con cordone di marmo a coronarla dove principiava il parapetto della piattaforma. Ogni apertura e feritoia, da cui puntare e sparar bocche da fuoco, era stata murata, che già da tempo il forte, ridotto a caserma di guardie di finanza e ad ufficio della piccola capitaneria di porto, era sguarnito e in disarmo”.
Nel 1928, dopo aver servito, come si è detto, dal 1861 da caserma delle Guardie Doganali prima e della Regia Guardia di Finanza poi, il fabbricato subì una pesante trasformazione per essere destinato a “Casa del Fascio” o “Casa del Littorio”. Il Progetto di riparazioni da eseguirsi al fabbricato demaniale detto ‘il Forte’, approvato nel 1929 dalla Commissione Edilizia sulla base dei disegni dell’Ing. Mario Cattaneo, più che riparazioni prevedeva un rimaneggiamento complessivo dell’edificio. Tra le prescrizioni della Commissione, infatti, si legge “si consiglia l’intonaco greggio uso romano e si augura che venga formata una torretta in un punto adatto, preferibilmente verso mezzogiorno”. Il Fortino subì così alcune modifiche, tra le quali una diversa strutturazione del tetto, un complessivo innalzamento dell'edificio e l'inserimento di balconi, uno nella parte anteriore e due all'ingresso dell'edificio.
Con la fine del 1935, fu deliberato dal Consiglio dei Ministri il passaggio del fabbricato, a titolo gratuito, dallo Stato al Partito Nazionale Fascista e per esso al Fascio di combattimento di Forte dei Marmi.
Fig. 12 – Progetto dell’Ing. M. Cattaneo per la trasformazione del Fortino in Casa del Fascio (1929): in evidenza l’aggetto dell’ingresso e i balconi.
Durante il Secondo conflitto mondiale, il Fortino fu parzialmente danneggiato dai bombardamenti, come ancor oggi testimoniano i segni dei colpi di arma da fuoco presenti sul toro marmoreo marcapiano.
Alla fine della guerra, l’edificio fu occupato dal Comitato di Liberazione Nazionale e trasformato nel “Palazzo del Popolo”. I lavori di ristrutturazione – necessari alla riparazione del danno estetico subito e finalizzati alla sua destinazione ad uso pubblico – prevedevano parecchie opere interne ed esterne di restauro, tra cui la ricostruzione del tetto e la sostituzione del 25% delle tegole. I lavori, a cura dell’Ufficio del Genio Civile di Lucca dietro approvazione del Ministero dei Lavori Pubblici – Provveditorato regionale alle Opere Pubbliche della Toscana, terminarono il 30 novembre 1946.
Nel 1945 e nel 1946, i diciassette vani erano stati occupati da sfollati e via via affittati a enti ed associazioni.
Nel 1957 il Fortino divenne Ufficio Postale subendo ulteriori trasformazioni documentate dai disegni di rilievo e di progetto eseguiti nel 1957 da Ing. Lotti, in particolare venne demolito l’aggetto di ingresso inserito con la trasformazione in Palazzo Littorio. Nei rilievi il fortilizio risulta largo 15,62 m e lungo 19,95 m, dimensioni sulle quali, rispetto a quelle originarie, può aver avuto qualche effetto un eventuale innalzamento del piano della piazza.
A seguito dell’atto di permuta del 26 novembre 1998 il Fortino venne trasferito dalla proprietà delle Poste Italiane SPA a quella del Comune di Forte dei Marmi, che decise di destinarlo a spazio espositivo.
Durante l’Amministrazione del Sindaco Vittorio Cardini, con la fattiva partecipazione dell’allora Vice Sindaco Dott. Nullo Viti e dell’Assessore alla Cultura Dott. Massimo Marsili, furono avviate delle trattative per acquisire al patrimonio del Comune il Fortino, che passò dalle Poste Italiane spa al Comune di Forte dei Marmi nel 1998 quando Sindaco era il Dott. Roberto Bertola.
L’allora A.C., con Assessore ai Lavori Pubblici il Dott. Fabio Mazzoni, organizzò con il Dirigente dell’ufficio Tecnico del Comune, Ing. Gabriele Michele Borri, i lavori per la sistemazione dell’edificio adeguandolo ad una destinazione espositiva e di rappresentanza.
Nei lavori di ristrutturazione, durante la demolizione dell’intonaco, emersero tracce del precedente colore “rosso” e l’Amministrazione Comunale, in accordo con l’Arch. Glauco Borella, Responsabile della Versilia per conto della Soprintendenza di Lucca, venne deciso di fare le facciate con questo storico colore.
Fig. 14-15 – Progetto di ristrutturazione del Forte divenuto sede delle Poste e Telecomunicazioni (1957): si nota nella pianta l’aggetto dell’ingresso evidenziato in giallo perché destinato ad essere demolito.